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La normativa contro i PFAS - legislazione EU per contrastarne la diffusione

L’argine legislativo ai “chimici eterni”. Scopri la normativa sui PFAS, i limiti massimi di concentrazione di queste sostanze in prodotti e alimenti. 

Benvenuto al secondo post della serie dedicata ali PFAS, alla loro scoperta e alla loro eliminazione.

Questa serie prende spunto dalla risonanza mediatica del tema, recentemente ravvivata dalla campagna di analisi sulle acque potabili condotta da Greenpeace. 

Ed è finalizzata a presentare i risultati degli studi di ricerca condotti da Giovanni Rissone – processista e progettista di impianti di trattamento inquinanti. 

Specializzato in trattamento acque, l’autore vuole fornire il proprio punto di vista indipendente su quali siano le BAT (Best Available Techniques) attualmente disponibili per la configurazione dei processi e degli impianti per eliminare i PFAS (e i loro derivati pericolosi) dalle acque, sia primarie (e potabili) sia di scarico.

Giovanni Rissone_founder

Scritto da Giovanni Rissone - Founder e CEO

Giovanni è fondatore e Managing Partner di SJConsulting. Progettista e Consulente in ESG, HSEQ e Lean Management. Fractional Manager ed Executive.

Ingegnere Chimico, Master in Business Administration, 6 sigma green belt.

Nel precedente articolo “PFAS-cosa sono, dove li trovi e perchè preoccupano tanto” (lo trovi qui https://sjconsulting.safejoe.com/pfas-cosa-dove-perche-preoccupano/ ) ci siamo concentrati sulla natura, la composizione e l’utilizzo di queste sostanze di “recente” sintesi.

Le sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS) sono composti chimici sintetici ampiamente impiegati in prodotti di uso quotidiano, come pentole antiaderenti, imballaggi alimentari e tessuti impermeabili. La loro straordinaria resistenza a grassi, acqua e calore li rende particolarmente duraturi, meritandosi il soprannome di “chimici eterni”.

Tuttavia, proprio questa persistenza rappresenta una seria minaccia per la salute umana e per l’ambiente.

In questo articolo, ci concentreremo su un altro aspetto cruciale: la normativa sui PFAS. Non intendiamo analizzare gli aspetti giuridici nel dettaglio, ma piuttosto evidenziare gli standard qualitativi e i limiti di contenuto di queste sostanze nei prodotti di consumo e, in particolare, negli alimenti.

Questo ci permetterà di comprendere meglio le sfide attuali per contrastarne l’accumulo, i danni alla salute e i primi passi intrapresi verso la loro eliminazione.

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Riprendendo quanto già trattato nel primo post della serie, i PFAS si trovano in una vasta gamma di prodotti.

Questi includono prodotti per la pulizia, tessuti impermeabili (come giacche, ombrelli e tende), carta resistente ai grassi, pentole antiaderenti, cosmetici (shampoo, trucco, smalto), e rivestimenti antimacchia per tessuti e tappezzeria.

Dove si trovano i PFAS nei prodotti di consumo
(fonte U.S. Environmental Protection Agency (EPA))

L‘ampio utilizzo industriale dei PFAS ha purtroppo portato alla contaminazione ambientale su larga scala. Di conseguenza, le vie di contaminazione includono acque, suolo e atmosfera, come dimostrato da diverse rappresentazioni grafiche nei rapporti scientifici.

Sebbene nella maggior parte dei casi i livelli di esposizione siano bassi, esistono situazioni in cui le concentrazioni – e conseguentemente l’esposizione – sono elevate: accade soprattutto quando le persone sono esposte per lunghi periodi a fonti concentrate.

Inoltre, a causa della loro persistenza e non biodegradabilità, i PFAS si accumulano nel corpo nel tempo, aumentando il rischio di effetti nocivi sulla salute.

Le principali attività a rischio di esposizione ai PFAS includono:

      • Lavorare in settori come la lotta antincendio o la produzione e lavorazione di sostanze chimiche.

      • Bere acqua contaminata da PFAS.

      • Mangiare alimenti contenenti PFAS, in particolare pesce.

      • Ingerire suolo o polveri contaminati.

      • Respirare aria contenente PFAS.

      • Usare prodotti realizzati o confezionati con PFAS.

    Secondo le stime attuali, il contributo alimentare all’accumulo di PFAS negli esseri umani è compreso tra l’83% e il 98%. Il contributo dell’acqua potabile, invece, è tra il 2% e il 17%.

    Più recentemente, anche l’inalazione è stata riconosciuta come una via significativa di esposizione. La migrazione dai materiali da imballaggio e dagli ambienti di lavorazione rappresenta un’altra fonte, sebbene di minore impatto. In sintesi, l’uso diffuso e prolungato di queste sostanze ha causato una contaminazione estesa di acque, suolo e aria. Le vie di esposizione sono molteplici: acqua potabile, alimenti (in particolare pesce), polveri, aria e contatto con prodotti trattati. L’accumulo nel corpo avviene nel tempo, con un conseguente aumento del rischio di effetti negativi per la salute.

    PFAS e vie di diffusione nell'ambiente
    (Fonte: University of Nebraska–Lincoln - Institute of Agriculture and Natural Resources)

    Inquinamento da PFAS: come regolare il rilascio nell’ambiente?

    Come possiamo, dunque, regolare il rilascio di queste sostanze nell’ambiente? Per chi vuole approfondire, cito i principali riferimenti della normativa sui PFAS vigente.

    Innanzitutto, il Regolamento sugli inquinanti organici persistenti (POP) (CE 850/2004) disciplina il rilascio nell’ambiente di inquinanti organici persistenti, tra cui alcuni tipi di PFAS.

    Inoltre, il Regolamento REACH (CE 1907/2006) impone alle aziende di registrare e valutare le sostanze chimiche, con disposizioni per limitare i PFAS se presentano rischi per la salute o l’ambiente.

    Nel 2024, questo regolamento è stato modificato, introducendo un’ulteriore restrizione per l’acido undecafluoroesanoico (‘PFHxA’) e correlati, spesso utilizzati in sostituzione di un altro PFAS già vietato (il famigerato acido perfluoroottanoico, o ‘PFOA’).

    Dal 2026, la concentrazione di PFAS sarà limitata in diversi prodotti di largo consumo.

    Questi includono le schiume antincendio, i prodotti tessili, il cuoio, le pellicce e le pelli e relativi accessori destinati al pubblico, le calzature, la carta e il cartone utilizzati come materiali a contatto con gli alimenti, le miscele destinate al pubblico e i prodotti cosmetici (l’ampiezza della lista dà un’idea della diffusione dei PFAS nei prodotti che utilizziamo abitualmente).

    Nel 2023, l’ECHA ha inoltre proposto il regolamento 767/2009 sulla produzione, commercializzazione e uso dei PFAS, con il chiaro obiettivo di ridurre le emissioni di PFAS nell’ambiente. Al momento, tuttavia, il percorso di approvazione è ancora in corso.

    Limiti di inquinamento da PFAS negli alimenti: un punto cruciale della strategia

    “Siamo quel che mangiamo,” come diceva Ludwig Feuerbach.

    Sebbene non sia una verità assoluta, abbiamo visto che la maggior fonte di contaminazione negli esseri umani è ritenuta essere quella alimentare.

    Ufficialmente, tutto è iniziato nel 2008, quando l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ha inviato alla Commissione Europea il parere scientifico su PFOS, PFOA e i loro sali.

    Questo rapporto è stato successivamente aggiornato, su richiesta della Commissione, nel 2020, estendendo la valutazione di pericolosità anche all’acido perfluorononanoico (PFNA) e all’acido perfluoroesano sulfonico (PFHxS).

    Il parere EFSA 2020 si concentra specificamente sul rischio per la salute umana correlato alla presenza di PFAS negli alimenti.

    In sintesi, le conclusioni dell’EFSA sono state molto chiare:

        • Gli alimenti di origine animale contribuiscono in modo significativo all’esposizione umana ai PFAS.

        • L’EFSA ha concluso che i PFAS si trasferiscono dai mangimi agli alimenti di origine animale, con chiare differenze tra specie e tipo di PFAS.

        • Tale trasferimento di PFAS può verificarsi anche dal terreno ingerito dagli animali da fattoria che si nutrono di cibo e dall’acqua potabile per gli animali.

        • PFOS, PFOA, PFNA e PFHxS possono causare effetti sullo sviluppo e possono avere effetti avversi sul colesterolo sierico, sul fegato, sul sistema immunitario e sul peso alla nascita.

        • Gli effetti sul sistema immunitario sono indicati come l’effetto più critico.

        • È stata stabilita un’assunzione settimanale tollerabile (TWI) di gruppo di 4,4 ng/kg di peso corporeo a settimana per la somma di PFOS, PFOA, PFNA e PFHxS, che è anche protettiva contro gli altri effetti di tali sostanze.

      Per concludere, una notizia preoccupante emerge dal rapporto: l’esposizione di parti della popolazione europea a tali sostanze supera ormai la TWI.

      Le raccomandazioni contenute in questi rapporti scientifici sono state recepite nelle norme che regolamentano i prodotti alimentari commercializzati in Europa. Per completezza, è il regolamento (UE) 2022/2388 del 7 dicembre 2022 che stabilisce i livelli massimi di PFOS, PFOA, PFNA e PFHxS e la somma di questi PFAS nelle uova, nella carne di pesce, nei crostacei, nei molluschi bivalvi, nella carne e nelle frattaglie di animali d’allevamento e selvatici.

      Sempre allo stesso scopo, la Raccomandazione (UE) 2022/1431 stabilisce livelli indicativi di concentrazione di PFAS in frutta, verdura, latte e alimenti per l’infanzia.

      Dato il basso livello di contaminazione consentito, occorre utilizzare metodi analitici molto sensibili. Nel testo sono pertanto indicati i limiti target di quantificazione dei metodi analitici utilizzati per diversi gruppi di prodotti.

      Tali livelli massimi sono stati, nel frattempo, inseriti nell’allegato del regolamento (UE) 2023/91. Inoltre, il Regolamento prescrive anche il follow-up nel caso di superamento dei limiti, per identificare le cause di contaminazione dell’alimento. Di conseguenza, si dovrà controllare anche i mangimi, l’acqua potabile per gli animali e il terreno su cui vivono gli animali. I metodi di campionamento e analisi per il controllo dei PFAS negli alimenti sono stabiliti dal regolamento di esecuzione (UE) 2022/1428 della Commissione.

      Normativa PFAS e imballaggi alimentari: come limitarne il trasferimento nei cibi

      E per quanto riguarda gli imballaggi degli alimenti?

      La normativa contro i PFAS vigente in Europa è il Regolamento sui materiali a contatto con gli alimenti (CE 1935/2004).

      Proprio per eliminare alla fonte ogni possibile rischio di trasmissione di PFAS dagli imballaggi agli alimenti, il 22 gennaio 2025 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il REGOLAMENTO (UE) 2025/40 che modifica il Regolamento visto in precedenza. In sintesi, dal 12 agosto 2026, saranno vigenti soglie limite di concentrazione di alcuni PFAS (nell’ordine delle decine di ppb) negli imballaggi alimentari, oltre le quali questi non potranno più essere immessi sul mercato.

      Concludendo la nostra analisi sulla normativa contro i PFAS

      Abbiamo esplorato come i PFAS si diffondono nei prodotti di uso comune e negli alimenti, e quale normativa PFAS si è sedimentata per proteggere la nostra salute.

      Tuttavia, la battaglia contro questi “chimici eterni” non finisce qui. Il loro impatto più insidioso, e forse più complesso da affrontare, si manifesta nelle nostre risorse idriche.

      Come vengono affrontati i limiti di inquinamento da PFAS nelle acque potabili e reflue?

      Quali sono le leggi europee ed italiane sui PFAS che disciplinano questo aspetto vitale? Nel prossimo articolo, ci tufferemo nel cuore delle normative europee e nazionali dedicate alla protezione delle nostre acque, analizzando le sfide e le soluzioni per garantire che le

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